Una vera, piacevole, sorpresa.
I testi dei del quartetto di Liverpool sono solo uno spunto, il punto di avvio e di ritorno, di riavvolgimento, della storia.
Si tratta di una sorta di musical, se così lo si vuol chiamare, dove le canzoni narrano, come hanno fatto in origine, una storia e la storia.
La regia, la grafica e la fotografia, accompagnate da queste note, hanno composto un affresco, o meglio, un murales, un dipinto di strada, di quegli anni (i '60s) in quel luogo (New York). La storia in realtà non è la storia di nessuno, ed insieme è la storia di tutti. Non è realistica, e non è reale, è plausibile forse, ma ciò non ha alcuna importanza. Perché scopo dell'arte, del cinema, non è raccontare la realtà in maniera pedissequa e prosaica, ma metterci in contatto, in empatia con l'intuizione che l'artista ha di una determinata cosa o evento, e permetterci così di entrarvi, di condividerla, di riviverla in noi.
Forse non sarà immaginifico quanto "L'arte del sogno", ma è certo visionario quanto basta.
Nota a margine
Grafica, regia, fotografia e un buon audio sono gli elementi assolutamente essenziali del film, quindi se qualcuno pensa che forse, può darsi, prima o poi lo vedrà, vi prego, lo veda al cinema.
Nota n°2
Le canzoni sono tutte rifatte, e rifatte piuttosto bene. L'unica stonatura è Bono, che traforma una canzone di Beatles in una canzone degli U2.
Scritto da Lola.
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