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Sarebbe potuto essere un delirio, un autografo sulla storia del calcio. Una coppa del mondo vinta con una doppietta (France '98). Una coppa del mondo vinta con un rigore perfetto, una traiettoria fatata. Ma non è di favola che stiamo parlando. E' storia, è vita. E dunque sangue, ed imperfezione.
Una carriera dipinta in 90 minuti. Per 18 anni a danzare sul pallone, lui così poco calciatore. 18 anni per lasciare la memoria di una parola certo un po' desueta nel suo mondo: eleganza. Nessuno come lui viveva il campo, sapendo essere utile e bellissimo. Un incanto. Ecco: 18 anni di incanto, come se continuamente sussurrasse le sue prodezze correndo su un mare d'ovatta. Forse neanche l'unico altro grande del decennio, Roberto Baggio, aveva la sua eleganza. Delicatezza. Ecco questo sì. Roby era delicato.
Zizou no: un fisico da guerriero, con l'eleganza d'un lord.
E ci sono però storie che non sono favole, ma forse proprio per questo valgono di più.
Eleganza non fa propriamente rima con "testata". Forse una volta, puo' capitare. Ma due, e l'ultima proprio nello spettacolo finale della carriera. Oddio, da non dormirci per notti e mesi.
E ci sono storie storie che non sono favole, ma forse proprio per questo valgono di più.
E ci sono favole con un lieto fine, ma che poi sono belle banalità per cui è facile gioire. Vincere una coppa del mondo con una generazione di incompiuti. Con un c.t. il cui passato forse un giorno sarà chiaro. Con un numero dieci sputacchiatore e mai decisivo, quando non elusivo ed inutile. Uomini dal gomito alto in una partita (De Rossi), o in mille (Materazzi). Se non fosse azzurra e non si chiamasse Italia, questa nazionale ci starebbe profondamente e a tutti beatamente sui coglioni. E invece alcune storie sono favole solo perchè spunta il lieto fine.
Altre storie sono meravigliose, ma non sono favole, anzi finiscono pure male. La differenza la fanno i protagonisti.
E Zizou è stato il più grande -e il più bello- dei protagonisti.
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