mercoledì, agosto 16, 2006,19:29
Il più grande giornalista del mondo incontra il più grande gruppo rock del mondo: i Fumisterie.
Lunedì 14 agosto 2016

Che effetto fa, dopo decenni di gavetta, essere oramai stabilmente considerati punto di riferimento del rock mondiale?
Marco: è difficile non tradirsi mai e non cadere nei tranelli che le aspettative (tue, dello staff di lavoro e del pubblico) ti traggono. Occorre riuscire ad essere uguali a sè stessi e non è sempre facile perchè noi tutti siamo in continuo movimento. Dall'interpretazione alla composizione, la tentazione può essere quella di non rischiare, ma la verità è che nulla è immobile, figuriamoci le persone ed i prodotti della cultura come l'arte: solo chi ha il coraggio di proseguire il proprio percorso musicale e rinnovarsi potrà fare qualcosa di unico. Al resto non ci pensiamo perchè siamo paurosi ed i paurosi pensano sempre alla strada che devono percorrere e non a quella che hanno già fatta.

E' appena terminato il tour che vi ha portato in giro per il mondo per quasi due anni. Barcelona, Londra, Roma. Avete riscosso successo persino in America. Dite la verità: ve lo sareste mai aspettati?
Marco: ci abbiamo sempre creduto. Ma non come ci diceva qualcuno venti anni fa, quando a fine concerto si avvicinava consigliando: "ci dovete credere di più!". Ci abbiamo sempre creduto nel senso che, abbiamo sempre ritenuto possibile vivere di musica e che le nostre canzoni potessero piacere anche fuori dai confini italiani. Io ho sostenuto per molti anni che la nostra lingua potesse essere un esotismo attraente nel resto d'Europa, ma c'è voluta molta intelligenza e lavoro per dimostrarlo. Dieci anni fa ci siamo dovuti inventare tutto daccapo: studiare le nuove tecnologie, le prospettive dell'industria musicale, e solo così è stato possibile creare una strategia di mercato. Il tempo ci ha dato ragione, se non altro perchè siamo stati tra i primi a pensare in una certa maniera. E per assurdo, conquistato il Giappone e l'Europa, abbiamo avuto i riconoscimenti i italiani che per tanti anni non abbiamo avuto, a partire dalla firma con un'etichetta, che comunque ha fatto molte resistenze alla nostra richiesta prima d'investire nel mercato americano.
L'America è culturalmente molto diversa, tutto ciò che è spettacolo deve essere prima di tutto necessariamemente spettacolo e poi cultura. E' stato possibile incontrare un pò di favore solo perchè Geoff Farina (ex Karate, che ha suonato la chitarra per tutto lo USA tour) è di Boston, la città più "europea" d'America e perchè è un paese molto grande.


Keith Jarrett ha insistito tanto per mettersi alle tastiere nel vostro concerto di Tokio...wow...
Marco: Keith c'è rimasto un pò male quando ha saputo che avevamo chiamato Stefano Bollani a fare alcune date nord europee con noi, così...

Vi va di fare un tuffo nel passato? 10 anni fa cosa vi aspettavate per il vostro futuro?
Marco: 10 anni fa abbiamo capito che non bastava essere creativi e personali così ci siamo messi a studiare come alla prima lezione di chitarra o di canto per diventare dei Musicisti e oggi facciamo i musicisti.

Se non sbaglio era da poco uscito Kreuze und Krokodile. Che ricordi avete? E poi: perchè proprio quel nome?
Marco: è stato un periodo molto duro. Avevamo sostituito il batterista Daniele Castignani con Andrea Cruciani dei The Orange Man Theory per realizzare il disco, ma eravamo molto confusi sul da farsi perchè erano in atto cambiamenti personali di grande importanza così dovemmo divorziare anche da Andrea e percorrere un bel pezzo di strada da soli prima di trovare un equilibrio. Stavamo realizzando che avevamo bisogno di confrontarci al di fuori del gruppo per crescere. Io, maturata la coscienza del ruolo di compositore, avevo deciso di dedicarmi ad un progetto solista. Poi le altre collaborazioni e le colonne sonore. Per assurdo tutta questa "distrazione" fece bene al gruppo. Kreuze und Krokodile fu un grande disco artisticamente ma non emotivamente. Tutto quello che conteneva, annunciava musicalmente più quello che sarebbe stata la mia attività solista che il gruppo. I Fumisterie avrebbero potuto continuare a vivere e crescere solo regalandosi un pò di spontaneità e così fu, riuscendo finalmente a diventare un laboratorio di sperimentazioni importanti per tutti noi. Come spesso capita quello che componi ti dice contemporaneamente quello che sei stato e quello che sarai. Croci e Coccodrilli: forse stavamo semplicemente soffrendo e piangendo inutilmente e non volevamo più fare nessuna delle due cose.

L'ultimo disco è stato registrato per intero negli abbey. Tornereste mai a suonare nella buia music farm dell'ITIS Galilei?
MArco: i Beatles prima di arrivare agli Abbey si sono chiamati i Bacherozzi (come diciamo a Roma) e non credo che l'abbiano fatto perchè avessero studiato entomologia. Ebbene se i Beatles che sono i Beatles continuano a tutt'oggi ad essere chiamati gli Scarafaggi noi non possiamo tornare a suonare al Galilei visto e considerato che in saletta io non ci ho mai trovato insetti brutti o pericolosi?

Che consigli dareste a chi vuole sfondare?
Marco: andare molto di corpo e mangiare altrettanto.

Andrea Pergola intervista Marco Sutera
scritto da Andrea&Serena



2 Commenti:


  • Alle 18 agosto, 2006 10:52, Anonymous Anonimo

    Afosi saccheggiati saluti estivi da un solitario frequentatore di arene cinematografiche!!!
    Ma voi che fate????
    saccheggiatorcortese.splinder.com

  • Alle 18 agosto, 2006 11:01, Anonymous Anonimo

    Noi raggiungiamo i Fumisterie dall'altra parte del globo per raccogliere la loro testimonianza di vita vissuta con successo.
    Salut!
    peppe

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