Statalismo musicale.
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Questo però appartiene alla fisiologia di un ambito basato su quella cosa assai rara che si chiama “creatività”: il guaio è che gli aiuti di Stato rischiano proprio di perturbare un meccanismo di selezione in sé assai ragionevole. Quando si incentiva ad investire su nomi sconosciuti (a scapito, quindi, di chi ha già pubblicato due o più dischi) si finisce per moltiplicare la base di quanti s’illudono – in genere, a torto – di poter diventare artisti pop, e tutto questo a danno di quei pochi tra cui qualche buon professionista potrebbe invece esserci.
Ancora una volta i nostri politici non hanno compreso come siano la concorrenza e l’intuizione imprenditoriale a dover regolare le cose, senza che tutto ciò sia perturbato da decisioni arbitrarie. (
continua a leggere) (vabè, questo l'ha postato Tottoi)