Adesso arriva quest’altro megasciopero e ne ho veramente le scatole piene. Degli editori, che non vogliono neppure iniziare a parlare, e dei nostri sindacalisti, che per far colpo sulle anime belle si riempiono la bocca di parolone come democrazia e pluralismo, sapendo benissimo che qui non sono in gioco né l’una né l’altro.Continua a leggere.
Qui si discute di un’altra cosa, cioé di come affrontare una fase in cui non si sa bene che cosa stia accadendo alla comunicazione, ma si intuisce che sta accadendo qualcosa di grosso.
Questa incertezza paurosa fa sì che ciascuno sospetti fortemente dell’altro (e non è detto che sospetti a torto).
I giornalisti temono che gli editori intendano approfittare dei grandi cambiamenti in corso per modificare radicalmente a loro favore i rapporti di forza industriali: stipendi più bassi, precarietà dilagante, licenziabilità, contratti super-flessibili e via liberistizzando.
Gli editori temono che i loro stipendiati si arrocchino su posizioni di passatismo ideologico, di difesa di privilegi fuori tempo massimo e di ostilità preconcetta verso il nuovo, col rischio di trovarsi una pletora di dipendenti inamovibili e soprattutto inevolvibili, ormai inutili nelle nuove realtà editoriali.di Alessandro Gilioli
Etichette: giornalismo, giornalisti