Buffo l'Egypt. Bello, anche. L'Egypt dico.
Così, l'Egypt, in quella tonalità giallo-senape-Egypt. Come se tutto fosse sabbia, una grande sabbia. La sabbia d'Egypt.
Oh, la sabbia d'Egypt. E' oro, sulla tua pelle, la sabbia d'Egypt. E' come oro sulla tua pelle.
Ma è nelle vene che l'Egypt ti entra dentro, fa radici e compagnia bella. Sallinger...
Lui, sapete, dopo aver scritto il Giovane Holden si è rifugiato in Egypt, all'ombra del naso mozzato della sfinge. E da lì -da sotto l'ombra del naso della sfinge, e dalla sabbia d'Egypt insomma- col suo mac mi contatta tutti i giorni. Fa partire Skype e mi chiama.
Facciamo grandi chiaccherate, io e lui, io e Sallinger dico. Io da Roma, lui lì, dall'Egypt.
Quante cose in Egypt.
Ci ho comprato il tavolo della sala, in Egypt. E' fatto di sabbia. Ecco perchè è buffo l'Egypt. Perchè fanno i tavoli di sabbia. Oh, non è che se tu ci metti qualcosa sopra non lo regge. No, anzi. Ci facciamo grandi partite a "merda" su quel tavolo. E non sbriciola. Nonnò. Si, quando tagli il pane si confonde, quello sì. Qualche briciola di pane giallo, quello con la pasta di patate insomma, rimane incastonato sul tavolo dell'Egypt. Però, dicevo, ecco perchè è buffo l'Egypt. Perchè fanno i tavoli di sabbia. E ti chiedi: "Ma se arriva l'acqua si sfalda?". E per toglierti il dubbio non puoi fare altro che bagnarlo.
E distruggerlo tutto, il tuo tavolo d'Egypt. Tutto.
Poltiglia giallastra sul pavimento.
Era il tavolo d'Egypt.
Il mio Egypt.
Bye.
giovedì, giugno 08, 2006,13:59