Quello che segue, invece, un suo articolo apparso sull'Opinione il 9 Maggio.
"La Costa d’Avorio è uno stato potenzialmente ricco. Produce il 40% del cacao mondiale, è uno dei principali Map of Cote d'Ivoire produttori di caffè, possiede miniere di diamanti e oro ed ha ottime possibilità di diventare un grande produttore del petrolio se i reservoirs scoperti in mare confermeranno la propria consistenza. E’ stata una colonia francese dal 1893 al 1960. Formalmente il colonialismo è finito negli anni ’60. Ma un percorso di libertà e progresso reale non è mai iniziato. La Costa d’Avorio dimostra che la Francia non ha mai abbandonato i propri possessi in Africa. Anzi la fine della dominazione diretta è stata seguita da un neocolonialismo più ipocrita e non meno soffocante. Gli interessi francesi nella ex-colonia sono molto forti: il 30 % del prodotto interno lordo; i grandi gruppi (Bouygues, Bolloré, EDF, Saur) sono abituati a vedersi attribuire i contratti senza dover affrontare la concorrenza internazionale, mentre la Société générale, la BNP e il Crédit Lyonnais dominano senza concorrenza il settore bancario.
Tutto ciò grazie al supporto politico e militare fornito dello Stato francese secondo un modello che deriva da quello scandinavo e di Gorbaciov, ma lo integra col sistema capitalista nazionale impostato dal gollismo e confermato da Mitterrand e Chirac. I due terzi delle aziende presenti nel territorio ivoriano sono francesi. Gli aereoporti, le ferrovie e il porto di Abidjan, il principale del paese, sono in mano di Vincent Bolloré, buon amico di Antoine Bernheim (presidente di Assicurazioni Generali), ottimamente inserito nel tempio di Mediobanca, beneamato da Prodi e dai suoi seguaci. L’Italia è avvertita: la tecnica di soffocamento della Costa d’Avorio è una storia istruttiva, di cui bisognerebbe parlare. Il Paese ha 18 milioni di abitanti (il 23% immigrati), con un’età media di soli 19 anni e una alfabetizzazione al 51%. L’infezione da Aids colpisce il 7% della popolazione; vi è una forte presenza di immigrati dal Burkina Faso e da altri paesi vicini (attratti dal lavoro nelle piantagioni); nel paese risiedono 130.000 libanesi e 16.000 francesi. I musulmani (circa il 35%) sono presenti a nord, tra gli immigrati; vi sono poi animisti (30%) e cristiani (30%). Il PIL, dopo 4 anni di guerra, è cresciuto dello 0,9%. Il reddito individuale è di 1500 $ (stime del World Factbook); il 37% della popolazione è considerato povero.
Il quadro politico
Dal 2000 la nazione è governata dal presidente Laurent Gbagbo, di cultura marxista (il suo partito, il FPI, Front populaire ivorien, è membro della internazionale socialista). Gbagbo era inizialmente legato allo stato francese, secondo la tradizione ivoriana: il primo presidente, Houphouet-Boigny fu nominato ministro della Repubblica francese, e quando diventò presidente del neonato stato sostenne all’assemblea dell’Onu la “liceità” della presenza francese in Algeria. Gbagbo commette alcuni sbagli: pur essendo salito al potere con l’avallo di Parigi, si muove come un autocrate e chiede che gli appalti pubblici non siano più assegnati automaticamente alle 400 aziende francesi presenti nel paese africano. Si calcoli che il porto di Abidjan è costato al gruppo di Bolloré soltanto otto milioni di euro, e senza gara d’appalto...SEGUE SULL'OPINIONE