Nel 1968 quando il movimento pacifista del figli dei fiori scuoteva l’America, l’Europa e arrivando fino in Cina sotto la guida di Mao; un movimento più concreto e profondo scuoteva l’isola con un terremoto del 9° grado della Scala Mercalli che distrusse completamente la piccola cittadina di cui oggi rimangono solo poche, misere macerie.
Partendo da Palermo si prende la statale S113 fino a superare Alcamo e da lì l’autostrada A29 in direzione Castelvetrano; dopo circa 50 km si dovrebbero incontrare sulla sinistra le indicazioni per “Ruderi di Gibellina”…e qui inizia l’avventura…ignari si seguono i cartelli inoltrandosi sempre più in strade sempre meno frequentate; perplessi si prosegue su una strada spaccata da crepe come il deserto e coperta da foglie cadute chissà quando, i cartelli si fanno sempre più piccoli e l’atmosfera sempre più irreale quando a un tratto…la strada finisce! Ci guardiamo intorno, ed intorno non c’è niente e nessun0 a cui chiedere informazioni. Torniamo lentamente sui nostri passi finché troviamo un guidatore di camioncino autoctono che gentilmente ci spiega di tornare lì dove la strada finisce, ed inerpicarci su quello che sembra più un sentiero per carri che una strada.
Seguiamo il consiglio del siculo cocchiere e torniamo ancora una volta sui nostri passi…
Prendiamo la strada sterrata e dopo poco ritroviamo i cartelli per i “Ruderi di Gibellina” , continuiamo allora speranzosi ad andare avanti tra colline e vallate che si susseguono, quando ormai siamo certi che il guidatore indigeno ci abbia preso in giro le colline coltivate cambiano colore, dalle sfumature di verde e giallo dei campi coltivati un’intera collina davanti ai nostri occhi diventa grigia, grigio cemento.
All’inizio non si capisce, non c’è un distacco netto con il resto della campagna, ma un leggero sentimento di mutamento. E’ l’enorme Gretto di Burri.
Dopo il terremoto la cittadina distrutta è stata completamente abbandonata e ne è stata costruita una nuova a qualche km di distanza, i “Ruderi di Ghibellina” sono rimasti lì, a ricordo della tragedia. E in quel particolare momento di fermento artistico e culturale artisti da tutto il mondo sono accorsi riempiendo la Nuova Gibellina di opere moderne che si intrecciano e si nascondono nel tessuto urbano di questa piccola cittadina rendendola una perla moderna nel nostro Paese archeologico.
Accanto alla città distrutta il Gretto di Burri è rimasto a ricordare quando la terra si è aperta ed ha inghiottito tutto.
Ed in Italia nessuno ne sa niente. Da Trapani a Trento quasi nessuno ha mai sentito parlare di questa cittadina morta sotto le macerie e rinata sotto il segno dell’arte moderna.
Sempre sullo stesso blog del network un articolo sul Nepal tratto dal Foglio.
Il principe temuto
L’antipatia di cui è circondato Gyanendra è amplificata dal terrore e dall’odio che suscita il figlio, il trentenne Paras Shah, il principe della corona. Paras è uno degli uomini più temuti della capitale e ha un ruolo simile, anche se in piccolo, a quello che avevano i figli di Saddam Hussein in Iraq. Nell’agosto del 2000 Paras investì e uccise un noto cantante nepalese, senza alcuna conseguenza. Non è il solo crimine di cui è sospettato. I gestori dei locali di Thamel, il quartiere più chic della capitale, sono atterriti dalle sue scorribande notturne — lo chiamano il “principe nero”— che gira sempre armato e circondato da temibili guardie del corpo. Ovviamente anche Paras è sospettato dall’opinione pubblica nepalese di avere avuto un ruolo di punta nel complotto che ha portato al massacro dei regnanti. Del resto, oggi è lui il principe ereditario e sicuramente è quello che ha guadagnato di più dalla morte degli zii e dei cugini. L’ultima monarchia indù del pianeta è retta da uomini di scarso valore, concentrati esclusivamente sui propri interessi. Ma, per ironia del destino, a Gyanendra tocca fare da argine al movimento maoista che rischia di prendere il potere nel paese, trasformando il regno in un Repubblica popolare fuori dalla Storia. E’ l’aspetto grottesco del confronto nepalese: il baluardo all’anacronismo maoista è rappresentato dall’anacronismo del satrapo orientale Gyanendra.
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Since January 20, the government has rounded up 114 journalists in a crackdown aimed at stifling protests against the king, the Paris-based group said.
Most have been released, but seven still remain behind bars and should be freed immediately, it said.
"Whether they were arrested for their articles or for demonstrating for press freedom, their detention is abusive," the statement said.
King Gyanendra took direct control of the impoverished Himalayan just over a year ago, sacking the government for failing to tame a decade-long Maoist insurgency and for alleged corruption.
Opposition parties boycotted controversial local polls called by the king on February 8.
The authorities this year have banned protests, imposed a curfew, cut mobile phones and rounded up hundreds of political activists and journalists.
The United States, India, Japan, Britain and the
European Union led a wave of international condemnation of the detentions.
The United said some 800 people were detained nationwide. Many have been released but scores remain behind bars, local human rights groups say.
Reporters Without Borders did not list the number of journalists being held in other countries.
"Mi dispiace molto per le perdite civili. Ma non è nostra la responsabilità di tutto questo spargimento di sangue. La colpa è interamente del Re Gyanendra e della sua cricca feudale. Non hanno accettato le nostre richieste quando sedevamo pacificamente in Parlamento. Al contrario hanno iniziato una brutale repressione. Il popolo aveva il diritto di difendersi."
"Entro cinque anni il Nepal si trasformerà in una nazione meravigliosa, pacifica e progressista. Sarà una repubblica, anche se siamo disposti ad accettare che sia un referendum a determinare la forma di governo. E se il popolo vorrà mantenere la monarchia, ebbene, a certe condizioni rispetteremo la volontà del popolo."
"Abbiamo sempre pensato di conquistare Kathmandu con le armi. Ma le grandi nazioni del mondo, l'America, l'India, ci sono ostili e aiutano il re. Dunque prenderemo la capitale in un altro modo, pacificamente..."
"Mi chiede di illustrare un compromess. Ma con chi? Con il re? Non ne vedo la possibilità. L'unico compromesso possibile è che tutto il potere sia trasferito nelle mani del popolo. Quanto al sovrano, sarà schiacciato. Credo il re sarà giustiziato da un tribunale del popolo o magari esiliato. Per lui non vedo alcun futuro in Nepal. Ma la colpa è sua. E' lui che ha scelto un sentiero che lo porterà dritto all'inferno."
"30 sterline. Solo 30 sterline e sono diventati il gruppo che piu' si parla su Internet. Si chiamano Ok Go! e il loro semplice video del costo totale di 30 sterline ha gia' procurato piu' di 3 milioni di download in solo due settimane con il video di A Million Way e una marea di imitazioni che girano su internet. ve ne propongo 1 - 2 e 3 ."
Le Olimpiadi ed il Nepal
Caro Presidente
Perdoni se mi rivolgo a Lei con questo tono confidenziale, ma sono certo di non farle né un torto né uno sgarbo. Anzi confido proprio che lo possa gradire.
Ho sentito un irrefrenabile impulso nel doverlo fare proprio in queste ore di Olimpiadi, di grandi investimenti e grandi attese, di qualche timore e tanta sorveglianza, di festa e di contestazione, di sport e di montagna…
Ecco, la montagna. Autentico simbolo naturale universale di tutti i giochi olimpici invernali. E quando parlo di montagna a me vengono immediatamente alla mente le vette più straordinarie, imponenti e “sacre”: l’Annapurna, il Manaslù e le altre intorno, fino all’Everest. Tutta l’infinita catena dell’Himalaya, la “dimora delle nevi”.
Sicuramente saprà che delle 14 vette più alte del mondo che superano gli 8.000 metri d’altezza, ben 8 si trovano nel piccolo (e disastrato) Regno del Nepal.
Conosco bene quelle montagne e quei sentieri, teatro di grandi imprese sportive legate all’alpinismo. Negli ultimi venti anni ho avuto modo di avvicinarle in tante “tappe” con la mia bicicletta, ma devo confessarle che le mie piccole-enormi imprese avrebbero avuto ben poco valore se non fossi divenuto amico e mi sentissi di amare senza alcuna riserva il Nepal e tutte le sue genti.
Loro non hanno mai vinto una medaglia olimpica, né invernale né estiva. Tra l’altro credo proprio che non saranno neppure rappresentati a Torino. Pensi che sono talmente “sfortunati” che gli impianti sciistici, se realizzati, dovrebbero sorgere ben oltre i 4.000 metri d’altezza… Ma anche se ciò di per se non fosse un’impresa, lo sci e lo sport invernale in genere è molto, molto lontano dalla loro realtà quotidiana. Tutto pare terribilmente lontano in un paese senza libertà e democrazia.
In Nepal, giusto oggi, 13 febbraio proprio mentre le nostre olimpiadi sono in pieno svolgimento, ricorre un tragico anniversario: dieci anni di guerra civile. Una lotta tra i così detti rivoltosi “maoisti” e forze governative che ha causato oltre 12.000 vittime e 4.000 “scomparsi”, compresi ovviamente civili e bambini. Di sicuro anche in Nepal non avranno accolto il suo invito ad interrompere le ostilità per i “giochi”. In Nepal la gente neppure sa che ci sono, purtroppo…
Ma la cosa più grave per cui sono a scriverle è che neppure noi sappiamo che c’è il Nepal !
O meglio, che c’è questa situazione degenerata, un isolamento geografico e mediatico, un potenziale terreno di probabile nuova dittatura, di sicura battaglia e di continuo non-rispetto dei più fondamentali diritti dell’uomo.
In questo momento di festa e di sport per l’Italia, un’Italia che io stesso mi sento di aver rappresentato nella mia esperienza per le strade del mondo, dopo queste considerazioni, sono a rivolgerle un invito come primo cittadino del nostro paese e come garante di libertà, giustizia e democrazia. Un invito a RIVOLGERE un appello personale al Re del Nepal, Gyanendra affinché accetti il dialogo e le trattative che, sia i sette partiti d’opposizione (pare l’80% dell’elettorato) sia lo stesso leader maoista Prachanda, gli stanno chiedendo da mesi e mesi.
Il Sovrano dovrebbe arrivare a capire che oramai la sua politica ed il suo estremo tentativo di risoluzione hanno fallito. Che se ama il Nepal ed il suo popolo non può far degenerare ancora di più la situazione e scatenare un conflitto ancor più grave e definitivo. Oltre ad incalcolabili ulteriori lutti, darebbe un colpo terribile alla già non semplice situazione di paese povero del mondo.
La prego, accolga quest'invito che le rivolgo anche a nome di tutte le genti del Nepal, che mi sento di rappresentare, e sicuramente anche delle nostre genti d’Italia e di tutti coloro a cui stanno a cuore le vicende del mondo e la pace. E se un appello non basta, lo ripeta. Lo ripeta ogni giorno. Lo ripeta al Re del Nepal come a noi, ed ai nostri leader che in questo stesso periodo rischiano, come dire, di non darci il migliore degli esempi… Io sono fermamente convinto che la Pace nel mondo sarà possibile costruirla quando tutti ci sentiremo protagonisti: non tanto sui campi di battaglia ma nella vita di ogni giorno, nel dialogo e nel reciproco rispetto.
La ringrazio per l’attenzione e, qualunque sia l’esito di questa mia richiesta, mi permetta di ringraziarla per questi intensi e non semplici sette anni nei quali, come nostro Presidente, ha dato sempre, e soprattutto, dimostrazione pratica e vissuta di equilibrio ed esempio.
Marco Banchelli
ciclo-nauta
il Presidente della Camera dei deputati, On. Casini, ha fatto sapere ieri, tramite i tg nazionali che “Antonio Di Pietro è una vergogna per la magistratura e per la politica” alludendo al fatto che io, da magistrato, ho svolto l’inchiesta Mani Pulite e da politico continuo a denunciare l’inopportunità e l’assurdità che vengano continuamente candidate e mandate in Parlamento persone condannate ed inquisite (anche del suo partito, UDC).
Se davvero io sono una vergogna per gli italiani, sono pronto a farmi da parte ed anche ad espatriare, se necessario, per evitare ulteriori imbarazzi.
E’ bene però che siano gli italiani stessi a dire cosa pensano al riguardo perché ho la netta sensazione che le affermazioni di Casini, seppur provenienti dalla terza carica dello Stato, non corrispondono al comune sentire della gente o dei cittadini.
Faccio subito una premessa: nell’UDC, di cui Casini è leader indiscusso, attualmente militano e ne sono dirigenti un esercito di condannati o rinviati a giudizio per reati gravi.
A puro titolo esemplificativo ricordo:il Presidente della regione Sicilia, Cuffaro (rinviato a giudizio per favoreggiamento alla mafia ed altro), il Consigliere Regionale siciliano Borzachelli (anch’egli per favoreggiamento mafioso), Vito Bonsignore (eurodeputato condannato definitivamente per tentata corruzione), il suo “padre politico” Arnaldo Forlani (condannato per illecito finanziamento proprio nell’inchiesta Mani Pulite), Calogero Sodano (senatore, condannato per abuso d’ufficio in cambio di favori elettorali) e così via.
Chiedo allora e vorrei sapere:
- sono una “vergogna” per il Paese i ladri, i corrotti, gli evasori fiscali, i mafiosi o chi – come me – li ha scoperti con l’inchiesta Mani Pulite?
- sono una “vergogna” i politici condannati che vogliono stare in Parlamento (e quei leader di partito che – come Casini – li candidano e ricandidano) o coloro che – come me – denunciano da sempre questa anomalia tutta e solo italiana?
Ecco, caro Beppe, vorrei sapere da te e dai tuoi amici del blog cosa ne pensate al riguardo in modo da potermi regolare per il futuro.
Sono raggiungibile sul mio blog www.antoniodipietro.com
Antonio Di Pietro"
Foto di Damiano.
L'obiettivo?
1- parlare del Nepal, ed informare i cittadini (visto che i professionisti non lo fanno);
2- pubblicare lo stesso post, contemporaneamente e per 48 ore, su tutti i blog del mini Network.
Il post è in lavorazione e chiunque può contribuire, inviando email o lasciando un commento. Fatevi un giro sui blog del network, troverete sicuramente qualcosa che non sapete del Nepal.